La fotografia secondo Paco di Canto

Dai personaggi fantastici alla ricerca spasmodica dello studio dei grandi fotografi che hanno fatto la storia dell’immagine (Richard Avedon, Annie Leibovitz, David LaChapelle, Tim Walker, Peter Lindbergh, Steven Meisel) la fotografia di Paco Di Canto attinge a una fonte dove la moda più visionaria e creativa abbraccia fantasie e visioni oniriche. L’immagine si lega alla rappresentazione realista dell’abito passando da esperienze romantiche a fantastiche visioni di leggerezza e bellezza eterea, dove il racconto esalta il vincolo tra lo splendore della donna e l’abito che indossa. Allo stesso tempo, ricerca negli occhi delle modelle che immortala quell’amore, vagamente ingenuo e adolescenziale, che le contraddistingue nell’età della maturità. Il risultato è un intreccio romantico dominato da emozioni, malinconie, paure, ansie, gioie, tachicardie, sguardi allegri e sguardi persi in pensieri lontani. Così Paco Di Canto, figlio d’arte che guidato dal padre ha stretto tra le mani la prima macchina fotografica sin dalla tenera età, concepisce la fotografia. L’amore per la moda trasmessa dai grandi fotografi della storia e l’editoria di Franca Sozzani con Vogue Italia ha ispirato Paco Di Canto al punto da lasciare la terra di origine e trasferirsi a Milano, dove tutt’ora oggi vive e lavora proprio nell’ambito moda.

 

Oltre il sogno

Il calendario realizzato per IFTAWARDS sviluppa dodici storie: dodici mondi a sé stanti che si intrecciano fra loro. Ad ogni immagine corrisponde un sogno, una visione onirica che supera il concetto stesso di favola. Il viaggio dell’osservatore inizia con ricordi di infanzia e procede verso racconti mitologici appresi crescendo. Ecco allora che compaiono La Bella Addormentata e Madre Natura, poi i personaggi di Lewis Carroll e Tim Burton e le ispirazioni cinematografiche. Si pensi gli scenari tipicamente felliniani e in stile amarcord, come quello ricreato attraverso la banda musicale. E la presenza degli animali così tanto radicata nell’immaginario fanciullesco: chi, d’altronde, non ha mai guardato con fascino e stupore una vecchia casa abitata da un gatto? Chi, invece, non ha mai ascoltato in religioso silenzio una donna anziana che prega? Ecco allora che compare San Sebastiano, figura cristiana che appare qui sotto forma di rondine e che nella moda più kitsch degli anni ’90 ha rappresentato una delle figure predominanti. Il viaggio, inteso anche come momento di crescita, si fa poi strada verso situazioni terrene e realistiche: ogni foto diventa un’esperienza di vita. Come il ranocchio che, attratto dalla strega cattiva più che dalla buona principessa, abbandona l’idea di recuperare sembianze umane e diventare principe, sinonimo della debolezza umana in un mondo di valori quasi ormai persi.

 

 

 

Jannelli Comunicazione
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